Fare rete

Negli ultimi anni (forse decenni) nel mondo sociale si è abituali ad usare il sostantivo “rete”: si deve “fare rete” in quanto da soli non si riesce ad ottenere risultati siddisfacenti, in quanto le risorse individuali sono insufficienti, in quanto gli attori in gioco sono molti, in quanto il bisogno delle persone è multiplo. Insomma sempre più si deve imparare ad ottimizzare il proprio specifico condividendolo con gli altri in modo tale da “fare rete” e poter effettivamente aiutare chi si trova nel bisogno.

Questo “fare rete” sembra riflettere l’organizzazione infomatica della comunicazione, la “rete” del mondo virtuale, forse la nuova esortazione alla collaborazione trae spunto dal successo planetario delle telecomunicazioni.

Imparare a “fare rete” o meglio a “lanciare la rete”, Gesù lo ha insegnato ai suoi sia all’inizio della sua vita pubblica che alla fine di essa, come un modo di saper condividere il proprio dono, talento, risorsa per raccogliere un bene che sia a disposizione di tutti.

Quando ebbe finito di parlare, [Gesù] disse a Simone: “Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca”.” (Lc 5,4).

Allora [Gesù] disse loro: “Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete”. La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci.” (Gv 21,6).

Come Corte Gesia, nella nostra attività di accoglienza sociale, ci sforziamo di fare del nostro meglio per “fare rete”, per lanciare la nostra rete in un mare di bisogni umani, disponibili a collaborare coi centri antiviolenza, servizi sociali, consultori familiari, unità socio-sanitarie, forze dell’ordine, cooperative, centri di accoglienza.